Vittorio Pusceddu, terzino sinistro del Cagliari degli anni 90, è ancora oggi ricordato dai tifosi rossoblù con il soprannome "la locomotiva di Buggerru", paese dove è nato il 12 febbraio 1964. Ma il legame affettivo di Pusceddu non è solo quello con la sua terra natia, bensì anche con il lago Maggiore e, soprattutto, con un varesino di nascita trapiantato in Sardegna come il leggiunese Gigi Riva e un sardo di origine ma varesotto d'adozione, come il noto oculista di Ispra Giovanni Esempio che ha le sue radici proprio a Buggerru.
Pusceddu inizia a giocare nelle giovanili del Cagliari con la cui maglia esordisce nel 1984 in serie B, mentre l'anno successivo gioca in A con il Torino per poi andare all'Ascoli, all'Udinese e al Genoa. Torna al Cagliari nel campionato 1992/93 dove rimane sino al 1996: nel 1998 dà l'addio al calcio giocato.
Inizia la carriera da vice allenatore nel Cagliari nel campionato 2003/04, poi dal 2007 al 2008 siede sulla panchina del Tavolara in serie D, per poi guidare la Primavera del Cagliari dove rimane sino al 2015. Nel 2020 viene nominato commissario tecnico della "nazionale sarda".
Vittorio Pusceddu... perché "la locomotiva di Buggerru"?
Buggerru, il mio paese d’origine, è un centro minerario del Sulcis dove passava un treno a vapore che trasportava ferro, piombo e zinco dalle cave agli impianti industriali. E’ stato il giornalista sardo Bruno Corda a darmi questo simpatico soprannome perché ero veloce sulle fasce quando partivo in progressione per poi crossare ai compagni. Correre per me è sempre stato naturale e durante la partita "macinavo" volentieri per la squadra parecchi chilometri.
Come ha iniziato a giocare a calcio?
Da ragazzino in paese sulla piazza o sulla spiaggia, poi nella squadra locale; successivamente sono andato a Cagliari per un provino nel settore giovanile. Prima di fare il terzino sinistro da ragazzo ero un'ala, con il numero 11 e potete anche immaginare il motivo.
Parliamo di Gigi Riva: cosa ha rappresentato per lei Rombo di Tuono?
Da bambino un modello da imitare; quando ho iniziato tutta la trafila del settore giovanile del Cagliari il mio sogno era arrivare in prima squadra. Ho fatto sacrifici, rinunce, perché giocare per i colori rossoblù era il massimo per me; pensa che quando giocavo con gli Allievi mi è anche capitato di fare spesso il guardalinee. Ho fatto il percorso nelle giovanili rossoblù, con due attenti maestri come Mario Martiradonna (difensore della squadra cagliaritana dello storico scudetto, scomparso nel 2011) e Adriano Reginato (ex portiere del Cagliari degli anni 70). In seguito sono passato nella Primavera allenata dal grande Nenè (attaccante della formazione sarda proveniente dal Santos mancato nel 2016). Un giorno poi il sogno si è avverato. Era la stagione 1984-85, avevo vent’anni: mi chiama Gigi Riva con l’allora presidente Fausto Moi per convocarmi per il ritiro estivo e per farmi firmare il contratto base.
Si ricorda la frase che pronunciò Gigi Riva in quel momento, rivolgendosi a lei?
E’ ancora stampata nella mia memoria. Mi fece sedere, si accese una sigaretta e disse: "Ragazzo questo è quanto ti offro, non montarti la testa, se vuoi guadagnare di più devi sudare e rimanere con i piedi per terra". Qualche anno dopo, quando l’amministrazione comunale del mio paese mi diede un riconoscimento, Riva chiamò un suo amico a Buggerru per sapere se mi comportassi bene e se non mi fossi montato la testa.
Tra i vari allenatori con cui ha lavorato c'è stato anche Eugenio Fascetti, che è sempre nel cuore dei tifosi varesini.
E’ un mister capace, dal carattere tosto, ovunque è andato si è fatto voler bene sia dalla tifoseria che dai calciatori ottenendo sempre ottimi risultati. A Verona ha dato un segno evidente alla squadra e al gruppo: allora collaborava con il suo preparatore di fiducia Roberto Sassi, anche lui un grande motivatore.
Nella sua carriera le è capitato di avere in squadra giocatori che provenivano dal Varese?
A Verona avevo come compagno Davide Pellegrini, un ragazzo serio e capace, un grande lavoratore. Si metteva sempre a disposizione del gruppo, poi ho conosciuto anche Giampaolo Montesano, un personaggio unico, un estroso, simpatico, un istrione, un grande dribblatore, innamorato della maglia biancorossa.
Da difensore ha marcato diversi attaccanti, chi l'ha fatta soffrire di più?
Certamente Figo del Barcellona che ho marcato con la maglia della Fiorentina. Ricordo che per i primi venti minuti non riuscivo proprio a prendere le misure, un vero fuoriclasse. Poi nel campionato italiano il nerazzurro Nicola Berti era super veloce, non fu per niente facile marcarlo.
Nella sua esperienza di allenatore della primavera rossoblù ha allenato anche Barella...
Anche lui ha fatto la trafila del settore giovanile e ho avuto il piacere e l’onore di allenarlo. Devo dire che era già un campione e aveva tutte le doti per diventare un grande calciatore.
Dai tifosi è ancora ricordato come il terzino che segnava da 30 metri e su calcio d’angolo.
Da madre matura ho avuto in dono il piede sinistro... nulla a che vedere con Riva, altra categoria. Mi allenavo sui tiri piazzati dalla lunga distanza e sui calci d’angolo. Qual era il segreto? Potenza, allenamento, precisione, balistica, non saprei: di certo la palla entrava in porta ed era una bella soddisfazione per la squadra e mia personale.
Ha un legame con il lago Maggiore e il Varesotto tramite il noto medico oculista di Ispra dottor Giovanni Esempio.
Anche Gianni, così lo chiamiamo noi al paese, è nato a Buggerru e da ragazzo era nella compagnia di mia sorella. Mi ha visto crescere perché da buon sardo ha mantenuto le radici qui, dove tuttora viene nei periodi estivi a rilassarsi. Mi faceva palleggiare sulla spiaggia, mi motivava, mi dava qualche consiglio. Sono contento che con la sua professione si sia fatto ben volere nel Varesotto. Ho anche altri amici che lavorano nella zona del laghi e si sono ben integrati; nei loro cuori sicuramente sventola ancora la bandiera dei quattro mori.
Mai venuto sul lago Maggiore?
No, ma mi hanno detto che è una zona bellissima; prima o poi ci verrò, così approfitto per passare da Leggiuno, un luogo che noi sardi abbiamo nel cuore.
Di cosa si occupi ora?
Dopo tanto girare lontano dalla mia terra mi godo la Sardegna, il mio paese natale e la mia famiglia. Alleno gratuitamente la nazionale sarda, sulla quale ripongo molte aspettative, ma ne parliamo un'altra volta... Aiuto gli amici nella raccolta delle olive e spesso ci scambiamo le ricette gastronomiche con l’amico Gianni di Ispra: a differenza sua sono una frana in cucina.