FemVa, collettivo varesino femminista intersezionale transfemminista, in collaborazione con EOS Centro Ascolto Donna, organizza per sabato 25 novembre un presidio contro ogni forma di violenza sulle donne e di genere, che si terrà in Piazza Carducci dalle 14.30 in poi.
«Gli eventi degli ultimi giorni e in particolare il femminicidio di Giulia Cecchettin hanno aperto uno squarcio nella coscienza pubblica che come collettivo femminista operante da tre anni sul territorio non abbiamo potuto né voluto ignorare - afferma Anna Calò di FemVa - con la consapevolezza, però, che femminicidi, stupri e violenze fisiche e psicologiche contro le donne vengono ancora raccontati come episodi sporadici ed emergenziali, e spesso con toni sensazionalistici o morbosi, mentre noi ci opponiamo a questa lettura e a questa narrazione della realtà: la violenza patriarcale e capitalista, fondata su gerarchie, potere e dominio, è sistematica e strutturale. In Italia viene uccisa una donna ogni 72 ore, alcuni femminicidi fanno più notizia e altri meno, per non parlare dei transcidi spesso non indagati e archiviati come suicidi, in un meccanismo di discriminazione e marginalizzazione che prosegue dalla vita nella morte».
Il presidio inizierà alle 14:30 e prevederà letture di brani, interventi, distribuzione di materiale grafico e canzoni.
«Il 25 novembre è una data simbolica importante, come quella dell’8 marzo, e in questi momenti per noi è essenziale occupare uno spazio pubblico e permettere alle persone di riunirsi, coi corpi e con le voci, in piazza - prosegue Giulia Franceschina - ma la nostra, come quella di Non Una di Meno, movimento a cui ci sentiamo vicine, è una mobilitazione quotidiana: il nostro lavoro di ricerca, formazione, autocoscienza e confronto prosegue tutto l’anno, e trova nei momenti di piazza una tappa imprescindibile di lotta e sorellanza. Sabato saremo quindi in piazza per Giulia e per tutte le altre 105 donne ammazzate quest’anno; saremo in piazza perché siamo stufe di doverci armare di una buona dose di coraggio - invece che di una buona dose di libertà - ogni volta che occupiamo uno spazio, pubblico o privato; saremo in piazza per parlare della piramide della violenza che è alla base della cultura dello stupro: questa piramide ha alla base le chiacchiere da spogliatoio e il sessismo, e attraverso il catcalling, le molestie verbali, lo stalking, il victim blaming, le minacce, la manipolazione, arriva allo stupro e al femminicidio, che è la punta della piramide. Dobbiamo abbattere questa piramide, tutte e tutti insieme».
Un gruppo di donne che parlano: così è nato FemVa nel 2020. “Crediamo nel valore delle parole come forma di resistenza e crediamo che la liberazione inizia quando un gruppo di donne si siede in cerchio e inizia a parlare - conclude Giulia Tiziani - per questo abbiamo anche deciso di aderire alla proiezione del film Women Talking, organizzata dal Comune di Besozzo all’interno della rassegna Un posto nel mondo di Filmstudio90, prevista per la sera di venerdì 24 presso il Teatro Duse di Besozzo. Sarà una serata di prologo alla grande piazza del giorno dopo: un film su un gruppo di donne che prendono la parola per la prima volta nella loro vita e decidono - insieme - quale debba essere il loro futuro. E’ quello che vorremmo accadesse sul nostro territorio e in generale in questo Paese: una presa di coscienza dell’oppressione a cui il sistema patriarcale ci costringe da secoli e un moto di ribellione che inneschi lo stravolgimento del sistema stesso. Come? Partendo dall’educazione dei bambini e dei ragazzi, certo, nelle scuole e tra le mura di casa. Ma intervenendo anche sull’educazione degli adulti e nei luoghi di lavoro. E non basterà comunque. Serve che gli uomini inizino a mettere in discussione i privilegi di cui hanno sempre goduto, consapevolmente o meno, e si rendano conto che il sistema patriarcale opprime anche loro, con il suo portato di stereotipi e pregiudizi legati al machismo e ad una mascolinità tossica. In questo senso, non possiamo che essere grate a Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, per il coraggio e le parole da lei spese in questi giorni, e condividere il suo messaggio che sentiamo anche nostro: “Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno”: senza tutto questo, ogni femminicidio è e continuerà ad essere un omicidio di Stato».
Per Giulia e per tutte, non un minuto di silenzio ma una vita di rumore.