All’indomani della Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza era arrivata la proposta di una mozione da presentare in tutti i Comuni per istituire un apposito garante a tutela dei più giovani. Ieri sera, in vista della Giornata contro la violenza sulle donne, la segreteria provinciale di Varese di Azione, guidata da Franco Binaghi, ha organizzato a Villa Calcaterra a Busto Arsizio una serata dedicata a questo tema di drammatica attualità dal titolo “Si può amare da morire ma non morire d'amore”, moderata da Anna Agosti, assessore di Galliate.
Versace: «Le famiglie da sole non ce la fanno»
A dibattere sono stati operatori del settore e le senatrici di Azione Mariastella Gelmini e, in collegamento, Giusy Versace. Quest’ultima ha invitato i presenti a Villa Calcaterra a osservare un minuto di silenzio e, poi, un minuto di rumore in ricordo di Giulia Cecchettin, come richiesto dalla sorella Elena.
«Questi sono problemi di tutti – ha sottolineato Versace – e le famiglie da sole non ce la fanno. Bisogna lavorare in tutti i luoghi frequentati dai giovani, dalla scuola all’oratorio alla palestra».
Gelmini: «Non sappiamo ancora cogliere i segnali»
Anche Gelmini, vicesegretaria di Azione, è partita dal caso di Giulia, che ha scosso fortemente l’opinione pubblica: «Questa vicenda – ha affermato – ci dice che siamo ancora molto indietro nell’individuazione della violenza, perché non sappiamo coglierne i segnali».
Eppure in tutte queste drammatiche vicende «i segnali ci sono. Il fatto che i contesti familiare non siano riusciti a capire il pericolo ci fa sentire impotenti».
La senatrice ha sottolineato che dal punto di vista legislativo negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti: dalla legge sullo stalking all’approvazione e correzione del Codice rosso fino al ddl Roccella. «Eppure – ha ammesso – il sistema della magistratura inquirente e delle forze dell’ordine non è ancora preparato ad affrontare con la dovuta specificità questo tipo di violenze».
Centrale anche l’aspetto economico: «Nell’ambito della discussione sulla finanziaria bisogna fare dei passi in avanti – ha aggiunto la senatrice –. Il pubblico da solo tratterebbe in maniera inadeguata questo fenomeno. E il rimpallo di competenze tra Stato e Regione porta a perdite di tempo nello stanziamento delle risorse. Che comunque non sono sufficienti».
Figlie che convincono le madri a dire basta
È stata portata la testimonianza della Fondazione Felicita Morandi che dispone di una casa rifugio a indirizzo segreto e, dal 2022, di un centro antiviolenza a Varese. «Quest’anno abbiamo accolto 93 donne e undici sono state rifugiate», ha rivelato Roberta Barigazzi.
Enrica Branchi non ha nascosto i tasti dolenti, a partire dalle risorse economiche che «scarseggiano». Ma le criticità riguardano anche il fattore tempo: «I tempi di donne e bambini non collimano con quelli della rete antiviolenza. Anche sui tempi della giustizia e delle indagini sociali c’è molto da fare». Ma pure sui «tempi dell’avvio all’autonomia delle donne, che senza casa e lavoro rischiano di entrare nel circuito dell’assistenzialismo».
Ma cosa convince le donne a rivolgersi a queste realtà? «Si denuncia quando si capisce che i figli non possono più vivere in certe condizioni». Di più: «Ci sono adolescenti – ha raccontato Branchi – che convincono la mamma a rivolgersi a noi. Donne straniere trovano nei figli il modo di scardinare certi modelli culturali».
Matteo Fabris, psicologo dell’età evolutiva e assegnista di ricerca all’università degli Studi di Torino, ha insistito sull’importanza di della prevenzione, «che deve essere indirizzata agli adulti di domani». A cui far capire innanzitutto che «l’amore non è “perdita di controllo”, come sembra dai film, ma è innanzitutto una scelta». In sala era presente Cinzia Di Pilla, coordinatrice del centro antiviolenza Eva onlus di Busto.