Oscar Verderame è una figura storia e carismatica per i tifosi biancorossi. Varesino, inizia la carriera da numero 1 nella sua città e nel settore giovanile, per poi andare all’Inter, giocando con i nerazzurri nel campionato under 19. Da lì il via al suo lungo viaggio per lo Stivale, militando nel Lamezia, nel Savoia, nel Gualdo, nella Ternana, nella Pistoiese, nel Pisa, nel Mantova, nella Lucchese, nella Valenzana e nel Cosenza, per poi arrivare di nuovo al Franco Ossola per essere protagonista della storica cavalcata del suo Varese dall'Eccellenza alla serie B, con la promozione nella massima serie mancata per un soffio. Doppio il suo contributo sotto al Sacro Monte: prima tra i pali, poi come preparatore degli estremi difensori. Oggi è al fianco di Sannino nell'esperienza svizzera al Paradiso che, da neo promosso in Promotion League, sta disputando un campionato fantastico: dopo la vittoria di ieri, i ticinesi sono secondi in classifica dietro l'Etoile Carouge.
Verderame, ci racconta la sua storia calcistica?
Allora devo partire dal Medio Evo... Sono passati tanti anni... Inizio a giocare nella squadra del paese, a Marchirolo, poi vado nelle giovanili del Varese e quindi da tifoso nerazzurro corono il mio sogno, perché entro nel settore giovanile dell’Inter. Una vera meraviglia. Tra l’altro ho fatto anche un ritiro con la prima squadra nel 1989, quanto c’era mister Trapattoni: ci si allevava a Gavirate e alloggiavamo a Monate. Poi ho girato tante società, sempre in serie C, dove mi sono trovato sempre benissimo. Infine sono rientrato a casa, da dove ero partito.
Come mai hai scelto da bambino il ruolo del portiere?
Mio padre giocava in porta e volevo imitare i suoi tuffi e le sue parate. Poi mi piaceva l’abbigliamento, i guanti, il cappellino. Andando avanti mi accorgevo che questo ruolo mi affascinava sempre di più e acquisivo esperienza e coraggio: non avevo paura di buttarmi tra le gambe degli avversari. Adoravo davvero fare il portiere.
Il tuo portiere idolo?
Diamine... Da interista dico Walter Zenga! Lo vedevo negli allenamenti e cercavo di copiare al massimo tutti i suoi movimenti. Allora il ruolo del preparatore dei portieri non era così rilevante come oggi, bisognava rubare il mestiere cercando di copiare il più possibile. Io lo facevo, oltre che da Zenga, anche da Luciano Castellini.
Cosa consigli ad un ragazzo che vuole ricoprire questo ruolo?
Deve mettere tanta passione e deve avere un carattere forte, perché è un ruolo affascinante, ma se sbagli sei sempre soggetto a critiche. Poi il portiere quando para un tiro difficile fa solamente il suo lavoro: se sbaglia, invece, viene ricordato. Bisogna avere carisma, dare sicurezza ai compagni, adottare un certo stile di vita e di comportamento. Un altro consiglio è quello di studiare e prepararsi un piano B, perché il calcio va vissuto come divertimento. Anch’io giocavo e studiavo e ho conseguito il diploma di geometra. E ancora: consiglio di iniziare a giocare a calcio per divertirsi e non per far divertire i genitori, che spesso fanno praticare questo sport per avere il proprio figlio campione. Giusto sognare e avere aspettative, ma con i piedi per terra. Io, ad esempio, non ho mai spinto mia figlia tredicenne verso il calcio: le piace l'hochey, è nel settore giovanile dei Mastini di Varese e sta ottenendo tante soddisfazioni, perché é entrata nel giro della nazionale giovanile. Io la supporto e sono molto contento: rispetto la sua scelta
Dopo tanti anni in Italia adesso l’esperienza in Svizzera...
Una bella esperienza... È iniziata una nuova avventura con il Paradiso, dove c’è voglia di fare e di investire. Sono stato chiamato nel 2022 da due amici, Gianpiero Stagno e Andreas Becchio, a fare il preparatore: ho accettato subito e ho trovato un ambiente fantastico come ai tempi del Varese 1910, dove l’impegno, la voglia di arrivare a centrare gli obiettivi, il rapporto familiare, il bellissimo e straordinario legame che si è creato con mister Beppe Sannino e con Giovanni Rosamilia e Francesco Bolzoni è qualcosa di magico, perché mi riporta agli anni della cavalcata biancorossa. La società è in continua espansione, sta facendo investimenti e vuole crescere. Questo galvanizza sia noi dello staff che i giocatori.
Ricordi del Varese 1910?
Sono stati anni belli con momenti indimenticabili. Ho conosciuto persone speciali come la famiglia Sogliano. Ho collaborato con allenatori preparati, ho fatto l'allenatore a portieri di livello. Poi, come spesso accade nella vita, i momenti di gioia lasciano il posto a quelli bui, ovvero il fallimento e tutto quanto poi ne è conseguito. Era dura tenere alto il morale dei ragazzi quando non si prendeva lo stipendio da tanti mesi. Credo che la più grande delusione che ho avuto in quel periodo siano state le promesse mancate. Da allora non ho avuto più nessun contatto con la società, anche se seguo i risultati del Varese.
Cosa vuoi dire ai tifosi biancorossi?
Auguriamoci tutti che il Varese arrivi al più presto in una categoria confacente alla sua storia calcistica. Il tifoso biancorosso è meraviglioso, se trova la giusta alchimia si innamora alla squadra, anche se ha provato tante delusioni. Certo la progettualità, i risultati, gli investimenti, il rapporto con il territorio sono fondamentali. La mia attuale società insegna, anche perché il calcio svizzero è in continua evoluzione. Noi ad esempio abbiamo quasi tutta la rosa dei titolari composta da uomini, oltre che calciatori, ben motivati.