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Storie | 10 ottobre 2023, 14:26

FOTO - Tina Piccolomo: «Cucinare è come amare, la Puglia nel piatto per sempre nel nome di mia mamma»

Fra.Mar.Tina a Cocquio Trevisago è una storia di rinascita dopo il buio, di un successo ottenuto con passione e nel segno di un amore indelebile perpetrato da una piccola grande donna che reinventa la tradizione e gioca con le materie prime della sua terra: «L'orgoglio più grande? Lo chef stellato del Bistrot di Cannavacciuolo che prenota un tavolo per tutta la sua famiglia»

Tina Piccolomo e le sue prelibatezze

Tina Piccolomo e le sue prelibatezze

Prima viene Tina. Ovvero una piccola, grande donna che zampetta sicura sui suoi tacchi color rosso fuoco, ha uno sguardo che ti studia e ti inquadra in cinque secondi netti, un’ironia pungente e soprattutto un dono: cucina da Dio.

E infatti prima viene la cucina di Tina. Ovvero la Puglia dentro a un piatto. Le verdure che non mancano mai («noi pugliesi, per certi versi, siamo i primi vegani del mondo»), il pesce fresco e un menù che è solo una traccia: il resto è il topolino che sta nella testa di una chef che ogni giorno inventa qualcosa di nuovo, guardando la dispensa e la bolla dei fornitori, che prende la tradizione, la accarezza e la rivisita con la sua passione. Lì, dove la Puglia ha preso la sua nuova casa.

E quindi prima viene anche Fra.Mar.Tina, a Cocquio Trevisago, in via Roma 74. Colori caldi e accoglienti e una frase che campeggia davanti all’entrata, a mettere subito le cose in chiaro: “Cucinare è come amare, o ci si abbandona completamente o si rinuncia”. Perché Fra.Mar.Tina è un sogno che si realizza, è una strada che si schiude quando tutto sembra arrivato al capolinea, è - soprattutto - un amore che va avanti.

Ma prima di che cosa viene tutto ciò? Tina è Tina Piccolomo, e il suo cognome ha riempito per anni le cronache dei giornali locali e nazionali, suo malgrado. Tina ha “perso” un padre, Giuseppe, finito all’ergastolo per un omicidio avvenuto nel 2009, e soprattutto ha perso mamma Marisa, morta nel 2003 in circostanze che la giustizia di primo grado ha attribuito allo stesso Giuseppe, con una condanna che la Cassazione ha poi annullato per motivi giuridici e non di merito.

Questo però - ed è per tale motivo che viene prima - è il racconto di una storia di successo, di rinascita, di lotta contro le difficoltà, di un ricordo che non si spezza, di un passato che non si può cancellare ma può diventare un presente completamente diverso. Questa è la storia di una donna che ha vinto, dopo aver perso tutto: «Fra.Mar.Tina è stato creato in memoria di mia madre - rivela Tina - strappata alla vita a 48 anni, nel 2003. Per diversi anni io e mia sorella siamo state ko, abbiamo accusato la botta, ma poi piano piano ci siamo riprese, anche grazie al nostro lavoro. Alla fine è arrivato questo ristorante (che nel nome contiene le iniziali di Francesca, la figlia di Tina, di mamma Marisa e di Tina, appunto ndr), ovvero il locale della rinascita vera: qui mantengo in vita mia madre, qui vengono a mangiare persone che la conoscevano e mi dicono “quanto le somigli”, qui Marisa vive nei piatti che cucino».

Mamma Marisa è stata la “responsabile” di una passione che oggi fa dire a Tina «io sono innamorata del mio lavoro, non potrei fare altro nella vita»: «Mamma era una bravissima cuoca. Abbiamo avuto tanti locali, tra cui la Pantera Rosa che era conosciutissimo: ha fatto furore negli anni 80». Quindi sarebbe arrivato il ristorante di Caravate, e dopo  il Primo Piano di Luino, gestito da Tina e dalla sorella: ora - da 9 anni - c’è un punto di arrivo, di pace, di gioia.

Sì perché Fra.Mar.Tina è un treno in corsa fin dal primo giorno di apertura: «Abbiamo clienti che vengono da tutta la provincia, da Lugano, da Arona, da Como - dichiara la sua titolare - Io ancora mi sorprendo, ma ne sono orgogliosa. Così come lo sono stata quando a trovarci è venuto Vincenzo Manicone, che è lo chef stellato del Cannavacciuolo Bistrot di Novara. Qualche giorno dopo aver mangiato da noi, mi ha telefonato e ha prenotato altri 15 posti: erano per la sua famiglia, pugliese come la nostra, alla vigilia di Natale. Una grande soddisfazione».

Come Tina abbia conquistato lui e tutti gli altri è presto detto: «La cucina pugliese è un filo conduttore ed è l’eredità di mamma. I prodotti della nostra terra (la sua famiglia è di Corato, in provincia di Bari ndr) non mancano mai: le cime di rapa, le fave, il pomodorino datterino. Ogni giorno arriva  qualcosa di diverso e io lavoro con quello». Si va oltre il menù, si va di fantasia: «Vado dal cliente e chiedo allergie, intolleranze e gusti, poi torno in cucina e invento. Recentemente un nostro avventore abituale voleva che io gli replicassi la carbonara di mare che aveva provato in vacanza… L'ho fatto a modo mio: ho messo pepe e limone nell’impasto delle linguine al germe di grano, poi ho cucinato calamaretti, seppioline scarpetta, cozze e vongole sgusciate, aggiunto un po’ di polpo, sbattuto l’uovo con parmigiano e pepe e un pizzico di limone, e infine sopra il tutto la tartare di tonno cruda. Ecco la mia carbonara. Quando sono tornata al tavolo mi ha detto: “Non so cosa io abbia mangiato in vacanza, so solo che questa è pazzesca”».

Con gli anni, ma soprattutto grazie alla sua inventiva e alla viscerale conoscenza della sua terra, Tina ha anche sviluppato una forte attenzione verso la clientela vegana: «La maggior parte delle volte a chi predilige il vegano viene riservata un’insalatina, una pasta al pomodoro o le verdure grigliate… Una tristezza… Qui “zia Tina” ti fa trovare un antipasto con 5 assaggi diversi, colorati e saporiti: per esempio la crema di patata e rapa rossa, gli involtini di zucchine con salsina allo zenzero e limone, il cous cous condito con i datterini, le bruschette….».

La lista dei cavalli di battaglia però è molto lunga: il ragù pugliese cotto per 6-7 ore e fatto con il maialino Patanegra allevato a ghiande, una carne pura che non ha mai assunto mangimi, o le linguine al germe di grano con vongole, zenzero e limone, piatto che ha conquistato anche Maria Teresa Ruta, Walter Veltroni e il giudice Gian Carlo Caselli. E poi le braciole, il polpo saltato con le cime di rapa o guanciale, calamaretti e peperoni..

Se volete “spiare” questa piccola grande donna, prima di assaggiarne le prelibatezze, potete andare su Istagram: la troverete in qualche diretta, mentre pulisce gli astici e le seppioline scarpetta, balla e spara battute, chiamando a raccolta i suoi “framartini”. Tutto con il sorriso, tutto con il cuore, tutto per chi è sempre con lei: «La mamma è lì su e dall’alto mi guida».

Fabio Gandini

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