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Storie | 08 luglio 2023, 16:38

Cessologo, mutandologo, numerologo e... ceromante: «Utilizzo candele nere per togliere il malocchio»

Siamo andati a trovare nella sua casa varesina l'iperbolico Graziano Ballinari. Da ospite leggendario di Costanzo al museo di pitali e orinali in Val Veddasca e alla leggendaria "scatola del tuono" descritta nel libro "Odore e pudore - Il romanzo del cesso", è tra i massimi esperti del furto della Gioconda e poligrafo di ogni sorta. Le ultime imprese? Il “Taccuin de la scigolla” e una bella "pitalata", ovvero «una spaghettata con la pasta scolata e condita nel bacile che si usava un tempo per le abluzioni e poi consumata nei vasi da notte»

Cessologo, mutandologo, numerologo e... ceromante: «Utilizzo candele nere per togliere il malocchio»

Graziano Ballinari, come se stesse parlando dello zio Peppino, butta lì che lui vede Mina regolarmente, e anzi la “Tigre di Cremona” sarebbe anche andata a fargli visita a casa sua a Varese fermandosi a cena, perché la loro è un’amicizia decennale e quindi… Aggiunge anche che adesso è dimagrita, e sua figlia Monica, infermiera a Lugano, abbia più volte curato a domicilio la leggenda canora nata a Busto Arsizio e ormai ottantatreenne.

L’iperbolico Graziano è difficile da contenere quando parte con i ricordi di una vita incredibile e unica, incominciata a Garabiolo nel 1943 (anche se lui sostiene di avere 83 anni come Mina) e proseguita su vari binari, tra Canton Ticino e Lombardia, dando la stura a millanta idee, bizzarre e a volte bislacche, ma sempre originali e creative. Cessologo e mutandologo di fama nazionale, ospite leggendario di Maurizio Costanzo che gli diceva: «Nei tuoi racconti non si capisce dove finisca la realtà e incominci la fantasia», Ballinari gestì per anni un fantastico Museo a Garabiolo, in Val Veddasca, meta di turisti che arrivavano anche dalla Svizzera interna a vedere pitali e orinali, antiche tazze del water - compresa quella del bordello di Luino - la biancheria intima delle nonne, le mutande di Marilyn Monroe (vere o presunte), quelle di Anita Garibaldi (idem), oltre a tazze per semicupi, attrezzi di antichi mestieri della civiltà contadina e lui vestito da valligiano che offriva la tisana e raccontava all’infinito le storie di quei paesi remoti.

Nel 1993, l’editore EMG gli pubblicò un libro leggendario, “Odore e pudore – Il romanzo del cesso”, in cui la sua sapienza veniva esaltata dalle citazioni su abitudini e proverbi dei nonni e dei bisnonni quando si appartavano nel “luogo comune”. Il “must” del volumetto era la “scatola del tuono”, una sorta di piccola comoda su cui sedersi per scaricare peti formidabili, facendo appunto ‘tuonare” il vaso da notte nascosto sotto la seduta.

Graziano è un poligrafo, l’editore Agar gli ha stampato libretti di ogni sorta, da “La salute in bottiglia” a “Le nonne curavano così”, fino a “Erbe e fiori e ricette dell’Amore” e al best seller “Il lato buono della morte” e, un po’ come accadeva con Piero Chiara, il nostro mette nelle pagine scritte ciò che da una vita racconta oralmente, “speziando” sempre parecchio le storie, perché dal letto al bidet il passo è breve.

«Adesso mi occupo di ceromanzia, sono l’unico a farlo. Utilizzo candele bianche, per le richieste alla divinità, rosse per le questioni amorose e nere per togliere il malocchio. Ogni “Candela di Mosè” va “vestita” cospargendola di olio, poi lasciata bruciare per 7 ore e alla fine si “legge” la cera come si fa con i fondi di caffè. Colei o colui che chiede il responso deve, prima di accendere la candela, recitare la formula “O Libera nos a malo, o amen”. Ho clienti come la Cucinotta, l’ex tronista Leonardo Greco a cui ho cambiato la vita salvandolo da una grave depressione, la presentatrice Sheila Capriolo e altri famosi», afferma il ceromante Graziano, mentre ci spiega il “Taccuin de la scigolla”.

«Si taglia in dodici spicchi una bella cipolla, uno per ogni mese dell’anno, li si sala leggermente e poi si mettono fuori dalla finestra per tutta la notte. Al mattino li si consulta: quello più bagnato indica il mese più piovoso, quello secco il più asciutto, per i contadini era l’oracolo».

Ballinari è anche numerologo e amico di esorcisti, ha insegnato le ricette della cucina popolare tradizionale all’Auser di Varese, e tra le sue mille attività c’è oggi quella di artista di strada, assieme alla varesina Nadia Tamborini, sciantosa, e al milanese Dante Zanaboni, chitarrista e cantante.

«Il teatro di strada, che pratichiamo in Svizzera a Chiasso e Mendrisio, serve soprattutto a far conoscere le caratteristiche di un paese e le sue tradizioni. Tutto ciò che diciamo e cantiamo noi “Cunta su”, è rigorosamente in dialetto, e facciamo anche uno spettacolo a settimana coinvolgendo il pubblico a ballare e cantare. Recito i proverbi popolari, spiego la moda di un tempo, mentre Dante e Nadia propongono versioni sceneggiate delle canzoni popolari milanesi e ticinesi», puntualizza il cessologo, che vanta fidanzamenti giovanili con la cantante Stella Dizzy e la Miss Italia 1956 di Voldomino Nives Zegna ed è stato perfino candidato sindaco nelle lise di Italia Futura a Cittiglio nel 2006 e a Milano con lo slogan: «Rimetto le mutande all’Italia».

Graziano Ballinari, tra l’altro nipote della cantante d’operetta Sandra Ballinari, famosa negli anni ’50, ne ha fatte davvero tante, a 22 anni è stato ragazzo immagine per la sarta Biki di Milano, che lo vide sirenetto sulla spiaggia di Spotorno e lo volle con sé, e ha conosciuto molti personaggi del mondo dello spettacolo grazie alle numerose apparizioni televisive.

«Oltre che da Costanzo sono stato ospite a “Rai1 Mattina” con Livia Azzarito e Luca Giurato, a “Ore 12” con Gerry Scotti, poi da Paolo Limiti, da Iva Zanicchi in “Ok il prezzo è giusto” e da Giletti per “Fatti vostri”, ho dedicato perfino una canzone a Rosy Bindi e ho collaborato con Nanni Svampa per sette anni. Sono amico di Barbara Alberti e Mara Carfagna, ho lavorato con David Riondino e Giuliana De Sio. Mia mamma, Maria Sovera, faceva la domestica per Ada Negri, quando la poetessa veniva d’estate a villeggiare in Val Veddasca».

Tra i massimi esperti del furto della Gioconda, Graziano ha dichiarato, anche in televisione, che il dipinto originale si trova tuttora nascosto in una chiesa di Cadero, mentre quello esposto al Louvre sarebbe una copia. Al Museo della Gioconda del paesino della Veddasca, Ballinari ha donato tutti i suoi cimeli sul capolavoro leonardesco, sostenendo che il furto leggendario fosse stato compiuto non da Vincenzo Peruggia, ma dai fratelli Lancillotti, la cui madre gestiva la Taverna Garibaldi a Cadero, su commissione di un nobile sudamericano.

L’inesauribile favella del mutandologo, cessologo, ceromante, numerologo spazia dalle leggende sulle piante - ne conosce a memoria decine - alla fenomenologia della morte, dalle ricette dei vecchi al “veliero di San Giovanni”, tradizione contadina che traeva auspici dalle forme create dal bianco dell’uovo immerso nell’acqua per una notte. Alla fine tira fuori l’ennesima idea, geniale e bislacca: «Voglio organizzare una “pitalata”, una bella spaghettata con la pasta scolata e condita nel bacile che si usava un tempo per le abluzioni e poi consumata nei vasi da notte. Ne ho 26, possiamo fare una bella tavolata».

Mario Chiodetti

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