Luca Carignola è pronto a impegnarsi per la Lombardia.
L'avvocato e segretario varesino del Partito Democratico ha deciso di dare la propria disponibilità a candidarsi alle prossime elezioni regionali: dopo due mandati da consigliere d’opposizione a Tradate e un lungo cursus honorum nel centrosinistra locale, iniziato nel secolo scorso, «sono pronto a questo nuovo atto d’amore, stavolta verso la mia Regione. Affronto questa sfida volentieri, con spirito di servizio, pur sapendo che dovrò sottrarre tempo alla mia famiglia».
L’ufficialità ancora manca, perché ogni passo individuale deve passare dal vaglio del partito provinciale prima di diventare vera e propria candidatura, ma Carignola ha già ben chiaro il substrato non solo emozionale ma anche politico che lo spinge.
«Penso di poter portare il mio senso di responsabilità, che negli amministratori non deve mai mancare, e la mia esperienza di vita e di impegno civico per contribuire a una “partita” che sarà complicata ma aperta: c’è bisogno del massimo impegno di tutti e di una lista forte e competitiva. In questi mesi mi sono confrontato con i nostri amministratori, con i nostri iscritti e con tante persone comuni: c’è una palpabile insoddisfazione per come la Regione è stata gestita in questi anni da Attilio Fontana e dal centrodestra. Da 28 anni governa la stessa parte politica: i nodi irrisolti iniziano a essere tanti...»
Quali, per esempio?
«Ne cito tre: la sanità, i trasporti e il fatto che la Pianura Padana sia la zona più inquinata d’Europa. Io penso che serva con forza un cambiamento. Se parliamo di sanità sono sempre più evidenti i problemi di accesso ai pronto soccorsi, con attese medie che arrivano a nove ore. Lo stesso vale per gli esami specialistici. E poi la gestione del Covid e l'essere arrivati tardi a capire il valore della medicina territoriale: la stessa riforma sanitaria stenta a decollare, basta guardare cosa sta succedendo con le case di comunità. Siamo insomma vicini al fallimento, ma non vogliamo arrivarci. Nel nostro programma la sanità avrà la priorità, anche perché è la competenza regionale che assorbe più risorse».
E i trasporti?
«Abbiamo 30 mila persone, pendolari, che in pochi mesi hanno messo la loro firma sulla petizione contro Trenord, denunciandone i disservizi. Eppure sembra che il problema non esista, che si faccia di tutto per nasconderlo: Regione Lombardia ha un ottimo ufficio stampa evidentemente, ma la sostanza è davvero poca. E poi è sempre stata negata la messa a gara del servizio ferroviario, una questione sulla quale si dovrebbe riflettere».
Come pensa il PD di convincere gli elettori della necessità di un cambiamento?
«Cercheremo di fare un’operazione di memoria, perché tutto quello che sta succedendo in serie rischia di far dimenticare alcuni passaggi importanti, come per esempio quanto accaduto durante la pandemia. Mi auguro che per queste elezioni, che saranno sganciate da altri appuntamenti elettorali, servano agli elettori lombardi per fare un adeguato bilancio e trarne le conseguenze».
Sarà Pierfrancesco Majorino a guidare le ambizioni democratiche verso Palazzo Lombardia: scelta giusta? Rimpianti per la mancata alleanza con la Moratti?
«No, la Moratti è un capitolo chiuso. Anzi: mai aperto in realtà. Ha una storia politica definita, conosciuta e ben evidenziata dalla lista che sta formando a suo supporto: sarebbe stata una candidatura lacerante per il nostro partito e per la stessa Moratti. Il Pd avrebbe perso la metà dei suoi voti. Majorino è un profilo concreto e pragmatico e di grande esperienza...»
Tale da convincere anche quegli elettori che si “sganceranno” da un centrodestra sempre più a destra?
«Penso di sì, perché il voto ideologico è sempre meno frequente e tante persone staranno alla finestra in attesa delle proposte: quella di Majorino credo sia in grado di rispondere anche a coloro che non sono legati a un centrodestra storico».
La giunta che uscirà dalla tornata elettorale sarà anche quella che tirerà la volata alle Olimpiadi 2026.
«Un appuntamento da sfruttare al meglio: arriveranno risorse importanti, Varese si è già attivata, lo dovranno fare tutti. C’è bisogno di una politica aperta e di fiducia negli enti locali, tutto quello che non sta facendo il governo che va invece in una direzione opposta».
Cosa porterà della sua esperienza varesina alla causa della Regione?
«L’approccio pragmatico e l’ascolto: con i mandati di Davide Galimberti abbiamo dimostrato che le promesse possono diventare fatti. Lo stesso è quindi possibile anche per Regione Lombardia».