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Territorio | 14 ottobre 2022, 22:39

Don David e la visita a Stefano Binda: «Quei 1.286 giorni di ingiusta detenzione»

Il cappellano posta la foto con l'uomo, risarcito dopo essere assolto definitivamente nel 2021 dall'accusa di aver ucciso Lidia Macchi. Quella serata la scorsa estate alla Valle di Ezechiele, carica di riflessioni

Don David Maria Riboldi e Stefano Binda - foto per cortesia di don David

Don David Maria Riboldi e Stefano Binda - foto per cortesia di don David

Nella mente ancora l'eco della scorsa estate, quando ci fu una serata carica di riflessioni sul sistema giudiziario alla Valle di Ezechiele a Fagnano: c'era anche Stefano Binda. E proprio dall'amico, risarcito economicamente dopo essere stato assolto definitivamente dall'accusa di aver ucciso Lidia Macchi - LEGGI QUI - , è andato il cappellano del carcere di Busto, don David Maria Riboldi.

Che ha scritto così a proposito della recente notizia, «l’ennesimo tornello della sua "carriera forense": il riconoscimento di aver subìto un’ingiustizia dal sistema stato. Precisamente, un’ingiusta detenzione. 1.286 giorni: come scandito nel suo account Instagram».

Proprio don David ricorda quella serata fagnanese, in cui Binda raccontò la sua storia e si rifletté insieme a Pietro Buffa, Provveditore di Regione Lombardia. LEGGI QUI Su un sistema, che non funziona, sulle ferite che restano in chi è stato incarcerato ingiustamente, come l'impossibilità a parlare a una persona dietro una grata o il chiamare per sbaglio assistente una cameriera.

Resta il dolore, per tutti, a partire dalla famiglia della ragazza che ancora non ha avuto giustizia.

Resta l'umanità, che si riceve dagli altri e che si costruisce anche oltre le sbarre, come disse Binda ricordando il momento in cui lo raggiunse il grido "Innocente": «Mi hanno scarcerato ma io ero già libero prima».


Ma. Lu.

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