In un anno, diede 19 esami per diventare medico e recuperare il tempo investito con successo nel nuoto sincronizzato. Questo fervore, in Manuela Carnini, scorre anche in un’altra vita che si affianca, o meglio si integra con le altre. La campionessa, il chirurgo vascolare, l’artista che si presenta come Fridami. E presto altre, chissà: anzi, si sa, perché la scrittura la chiama.
Il lockdown a colori
In fondo, fa notare, sono sempre le mani le protagoniste. Quelle che però si connettono con gentile determinazione all’anima e che vogliono infondere speranza. C’è un’opera che lo grida in fondo, si intitola “Solo l’amore guarisce”.
Questo fine settimana è un succedersi di tappe per la sua arte. «Domenica c’è il finissage a Venezia – spiega la bustocca, 48 anni, – prima tappa a Ravenna, perché la mia opera di Frida Kahlo è piaciuta al critico Giorgio Gregorio Grasso…».
Ma poi si continuerà. Da Barcellona al Louvre di Parigi, questa nuova esistenza viaggia ben oltre confine.
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Manuela ha amato subito il nuoto, da quando aveva 4 anni. Ha voluto fin da bimba diventare medico, vedendo anche nonno e papà. L’arte, invece, è una scoperta tardiva, affiorata nel doloroso tempo dei lockdown. «Avevo regalato ai miei bambini, Francesco e Virginia, dei colori – spiega - Abbiamo deciso di fare una cosa grande… ho avuto questo slancio, prendiamo un lenzuolo enorme e ci divertiamo».
Un dialogo incessante
È stata una folgorazione, da quel momento l’anima e la materia hanno dialogato incessantemente.Come fare tutte queste cose? La dottoressa Carnini ha alle spalle una dura vita di allenamenti, ha avuto gioie e dolori perché dietro i successi sportivi ci sono sacrifici, scelte.
L’adolescenza spensierata, un miraggio: «Nel tempo libero dovevo studiare. Poi entro nella nazionale, le selezioni per le Olimpiadi. La società di Busto si stava disgregando, ho deciso di andare in Liguria. Ero molto combattente, ambiziosa, ma non perché dovevo essere la più brava, è che se faccio una cosa o la faccio bene o niente». Dopo le Olimpiadi, nonostante fosse ancora nel pieno della carriera agonistica, si ferma: «Ho capito che avrei perso la vita così. Io ho sempre voluto fare il medico».
Un medico una fede
Il chirurgo vascolare, perché il nonno – medico condotto – era morto per un aneurisma rotto. Ha operato persino suo padre, Manuela, con la fermezza di chi non ha paura delle responsabilità. «Di grande aiuto mi è stata la mia amica Chiara Gallazzi, medico anestesista – racconta – studiavamo sempre insieme. Mi laureo, con 110 e lode».
Il lavoro la chiama, ma la fede la spinge anche a una missione in Africa, e più precisamente in Eritrea con un’associazione padovana. Incontri, che fanno la differenza, che in questo caso la portano a vivere una realtà completamente diversa, a respirarne il dramma, ma anche il silenzioso coraggio dei bambini. Una che le è rimasta impressa: la piccola Celeste, che soffriva di una malformazione cardiaca.
Quando girava per strada, incontrava i bimbi ai quali donava caramelle, fogli, colori. Il giorno dopo, loro le portavano i disegni. Troppi pegni del destino per essere ignorati, tanto più considerando la sua fede. Ecco che il lockdown non la fa sprofondare nella paura, ma le accende una fiamma che aveva dentro. Sono gli stessi figlioletti che le tirano fuori la parte del bambino, quella sognatrice, artistica.
«Il dono che ho nelle mani - precisa – Con esse opero, e il nuoto sincronizzato si basa molto sulla forza delle braccia».
A cosa servono le mani
Una delle più belle e non conosciutissime canzoni del duo Tozzi-Bigazzi si intitola "A cosa servono le mani". Una spiegazione sembra appunto racchiusa nelle vite di Manuela. Le mani, che dispensano carezze ai figli e che danno vita a questo percorso di colori. La prima opera, che riceve un riconoscimento a Budapest, è “La donna delle rose”. Le ispirazioni vengono anche dai pazienti, come quando raccoglie una storia d’amore plasmata nel dolore e nella devozione, che la conduce a realizzare “Para siempre”. Oppure arriva a scoprire “La Nuova me”, dove la speranza resta il riferimento.
A casa viene chiamata la regina dei quadri. Tanti apprezzano Fridami e la sua opera che è anche stata un abbraccio prezioso al lavoro di Eva Onlus, contro la violenza sulle donne. Ma uno degli omaggi più commoventi resta l’arrivo gioioso degli uccellini che si sono posati sui rami raffigurati in un suo quadro.