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Busto Arsizio | 22 aprile 2022, 08:00

Busto, gli 85 anni dell’onorevole Paolo Caccia. «Mi chiamavano “l’uomo della gente”. Tutti meritano di essere ascoltati»

La carriera politica affrontata senza perdere il contatto con i cittadini, il legame con la sorella suor Enrichetta, recentemente scomparsa a 100 anni, l’auspicio di un patto generazionale tra giovani e anziani. Incontro con Paolo Caccia, esponente di spicco della Dc, nato 85 anni fa oggi a Busto Arsizio

Busto, gli 85 anni dell’onorevole Paolo Caccia. «Mi chiamavano “l’uomo della gente”. Tutti meritano di essere ascoltati»

Gli 85 anni di Paolo Caccia, esponente di spicco della Democrazia Cristiana, parlamentare dal 1979 al 1994.
Una lunga carriera politica affrontata – assicura – senza mai perdere il contatto con i cittadini.
«Mi chiamavano “l’uomo della gente” – racconta – perché parlavo con chiunque. Tutti meritano di essere ascoltati». Tanto che, quando non era a Roma, incontrava puntualmente cittadini e associazioni del territorio. Sottraendo, inevitabilmente, del tempo alla famiglia che, insieme proprio al rapporto con la gente, è l’altro punto fermo dei suoi 85 anni. Ultimo di sei fratelli (e unico maschio): la prima era suor Enrichetta, scomparsa poco prima di Pasqua a 100 anni. «Eravamo legatissimi», dice, per poi rivolgere un pensiero ai più giovani.

La carriera

«Mi sono avvicinato alla politica partecipando alla vita del mondo cattolico, tra Azione Cattolica e Acli – racconta Paolo Caccia, nato 85 anni fa oggi a Busto –.  In parallelo al lavoro, mi sono interessato al Movimento Giovanile, di cui sono diventato segretario provinciale dopo Zamberletti.
Sono poi diventato assessore provinciale, con una delega a caccia, pesca e a ciò che oggi chiameremmo ecologia. Un assessorato che aveva pochi fondi, ma fatto di rapporti con le persone: pescatori, cacciatori, agricoltori. Mi piaceva non dovermi occupare di soldi ma dei rapporti personali».

Dopo questa esperienza, nel 1975 «sono stato eletto consigliere regionale e mi sono interessato di sanità, dando grande impulso agli ospedali di Busto e Gallarate». Quindi la lunga esperienza da deputato, iniziata nel ’79, quando «mi chiesero di correre per il Parlamento. Fui mandato allo sbaraglio, ma mi hanno sempre aiutato il rapporto con la gente e il contatto con i bisogni e i pareri delle persone. Ne ho sempre tenuto conto, facendone una sintesi politica non particolareggiata, ma più universale».

Caccia sfoglia i ritagli di vecchi giornali. Un articolo del 1987 parla delle 6063 preferenze raccolte per la Camera: il frutto della fiducia conquistata giorno per giorno tra i cittadini.

A quei tempi…

Erano anni caratterizzati da «sintonia all’interno di un tessuto sociale molto vivo. C’era dialogo tra imprenditori e sindacati. Ci si ascoltava e ci si parlava».
Anche nella sua Busto: «Qui non c’è stata una grande conflittualità sindacale – ricorda Caccia –. Lo scontro non era cruento o duro. Gli imprenditori di allora lavoravano fianco a fianco con gli operai in fabbrica. Guadagnavano di più, certo, ma anche loro sudavano. E sono quegli imprenditori che hanno saputo donare risorse alla città, come non avviene più. Ora il mondo è cambiato. E la pandemia ci ha reso ancora più egoisti, più alla ricerca del diritto rispetto al dovere. Senza risparmiare le associazioni, che si sono svuotate».
Sul fronte politico: «C’erano scontri, ma tra colleghi di diversi partiti non ci si odiava. Finita la discussione, prendevamo un caffè insieme».

Il crollo dei partiti ideologici

«Le cose sono cambiate quando sono crollati i partiti ideologici – osserva –. È venuto meno il senso di appartenenza a un gruppo. Da allora sono sorte decine di partitini, legati più alla persona che ai valori. Figure come De Gasperi hanno un’ideologia ma anche una visione universale della società. Il famoso discorso di Parigi del ’46 («Tutto è contro di me fuorché la vostra personale cortesia») dimostra la grandezza di un personaggio che sa che di rappresentare un paese in ginocchio ma che ha voglia di rinascere».

Senza scomodare certi giganti della Storia, «in tutti gli uomini politici di un tempo c’era un cammino di formazione, che passava da Comune, Provincia, Regione, Parlamento. Invece adesso uno arriva alla politica magari con un bagaglio professionale di alto livello, ma senza questo percorso formativo».
Oggi Caccia percepisce «la fragilità di chi è impegnato in politica e non ha più alle spalle il sostegno ideologico e organizzativo di un partito».

La fine Prima Repubblica per lui ha significato «colpire qualcosa lasciando solo le macerie. Se per distruggere ci vuole un secondo, per ricostruire occorrono trent’anni». Forse di più, visto che trent’anni sono trascorsi e «c’è un vuoto che riguarda il 90 per cento dei voti della Dc. Un ceto medio moderno ma che non voleva distruggere il passato, coniugando la modernità con la conservazione».

La famiglia

L’impegno politico svolto con passione e dedizione comporta dei sacrifici. Anche da parte della famiglia. «Partivo il lunedì pomeriggio per Roma e tornavo il venerdì – racconta Caccia –. E prima di ripartire, incontravo imprenditori, associazioni di categoria, associazioni cattoliche. Il lunedì mattina andavo a Luino – settanta chilometri all’andata e altrettanti al ritorno – a ricevere le persone che volevano parlare con un parlamentare e che non avevano un rappresentante politico più vicino». Per questo, riconosce, «devo davvero molto a mia moglie», la madre dei suoi due figli. «Non mi ha mai fatto pesare i sacrifici, ha sopportato e supportato».

Caccia era particolarmente legato alla sorella Enrichetta, scomparsa prima di Pasqua a 100 anni, compiuti lo scorso 19 agosto.
«Lei era la prima e io l’ultimo di sei fratelli. Ero l’unico maschio. Eravamo molto legati, mi è sempre stata vicina. Era entrata in convento come suora di clausura. Dopo il Concilio Vaticano II, la clausura si è fatta meno rigida e ho seguito il suo percorso tra Milano, Roma, Genova, Montauto e Torino.
Ho un’altra sorella, suora del Cottolengo, che ha sempre ammirato la scelta della clausura, davvero impegnativa».

Giovani (e anziani)

Da veterano della politica, nel giorno del suo 85simo compleanno Paolo Caccia non dimentica i giovani.L’auspicio per i ragazzi e le ragazze di oggi è «che si impegnino per il loro futuro con tenacia, con la capacità di aggredire i problemi. È necessario un patto generazionale, all’insegna di collaborazione e confronto con gli anziani, senza voglia di supremazia, anzi, aiutandoli a confrontarsi anche con i mezzi di comunicazione moderni».

«Occorre convincerci – insiste – che l’incontro tra giovani e anziani è il cammino del futuro. D’altra parte, la Resistenza partigiana li ha visti fianco a fianco. Insieme per costruire».

Riccardo Canetta


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