Una nuova bimba disabile accolta, l'urlo della miseria che si leva dalle strade e si trasforma in una parola, «sciopero», i banditi che imperversano. Ma Haiti, martoriata, guarda in Italia, alla sua Casa Lelia che continua a ospitare mamme e bimbi ucraini in arrivo.
Nei giorni scorsi, il guardiano di notte alla Kay Pè Giuss non si è presentato e qualcuno ha sfasciato due mezzi e il serbatoio dell'acqua: «Abbiamo dovuto farne a meno, non ce n'era neanche per cucinare». Inoltre, è stato tagliato il tubo del diesel dal serbatoio al generatore. Chi è stato, perché? Un mistero.
È poi così distante da ciò che sta accadendo in Ucraina? «No, è il risultato della devastazione umana seminata per anni - osserva - suor Marcella Catozza - la perdita del senso religioso». La consolazione è nel vedere la struttura in Umbria, che avrebbe dovuto accogliere i bimbi di Haiti, lenire le sofferenze e la solitudine delle famiglie ucraine, separate dai loro cari rimasti in guerra.
Il buio su Haiti, capitolo drammatico di un'oscurità diffusa, intanto prosegue: «Qui è una sfida dietro l'altra, tanta gente all'opera, una grande tragedia che mi dà l'idea che è solo l'inizio e come in Africa ti senti un po' un servo inutile ma tanto bene emerge in questa grande confusione del male».
Bene come accogliere Neslandine, bimba disabile di 5 anni. Prendersi cura di lei e del suo smarrimento, specchio di quello dei piccoli e dei fragili.