Non è più nemmeno vero che le parole non servono a niente: danneggiano la Pro Patria. E così per le apparizioni sui giornali o allo stadio, per tutto ciò che rischia di destabilizzare una squadra, che sta cercando di salvarsi nonostante non sappia assolutamente quale sarà il suo futuro concluso questo campionato.
Da una parte ci sono i fatti: i tigrotti hanno costruito un'importante strada verso la salvezza con tre tasselli, tre vittorie, nove punti. C'è ancora un vuoto tra il punto dove sono arrivati e la destinazione decisiva: lo devono colmare con altri risultati positivi e sono ancora tutti da scrivere, ma sappiamo quanto ci stiano lavorando. Altri fatti, non se ne vedono all'orizzonte: le due parti - il socio di maggioranza Sgai e Patrizia Testa, con l'avvocato Santino Giorgio Slongo - restano contrapposte, non esce alcuna svolta reale. Da gennaio solo rari comunicati, l'uno contro l'altro, ma nessun fatto che abbia cambiato le cose.
Questa non è una partita nella partita: non bisogna tifare l'uno o l'altro. Di questo clima anche la squadra è stufa, sta unendo le forze più che mai e negli spogliatoi si percepisce come i ragazzi sappiano di poter contare solo su se stessi e lo staff.
Per questo motivo, altre parole gridate, apparizioni allo Speroni senza alcuna tangibile novità da comunicare, non sono ben accette, ma addirittura possono solo far male, suscitano amarezza, anche rabbia: tutti sentimenti che non ci si può permettere. Chi ama la Pro Patria, tace finché non dice «Me ne occupo io» e contestualmente lo fa.
Altrimenti, i tigrotti procedono nella loro marcia faticosa ma fiera, da soli o quasi. Perché per pochi che siano i tifosi, sono dalla loro parte. Anche loro sono stanchi delle parole, degli sfoghi, degli show.
Lasciate che la Pro Patria provi a salvarsi in pace, è l'urlo non troppo soffocato allo Speroni. Dei tigrotti e della loro gente.