Emiliano Bezzon a spasso per Gallarate. Qualcuno lo riconosce. Saluti, sorrisi, scambi di battute. Nella città dei due galli è stato comandante della Polizia Locale. E ha ricoperto lo stesso ruolo a Milano, Varese (dove oggi è dirigente comunale) e Torino. Blitz in una nota libreria del centro. Lieta sorpresa: un intero scaffale dedicato alla casa editrice Fratelli Frilli e un paio delle sue opere in esposizione. «Ottimo – sorride – anche se finisco con il contribuire allo spreco della carta». Bezzon scrive. È autore di gialli/noir e manuali tecnici che, in qualche modo, tradiscono una passione: sicurezza urbana, polizia giudiziaria, attività di indagine.
Si accomoda su una panchina, sguardo al dehors di un caffè, giostrina alle spalle. E spiega: «Ho iniziato a interessarmi di scrittura parecchio tempo fa. Nel 2007 avevo un collaboratore, un collega che definirei anomalo. Era chansonnier e autore di narrativa. Anche di cabaret. Mi disse che stava mettendo insieme una jam session letteraria e mi chiese di partecipare. Nel progetto erano coinvolti nomi come Carlo Lucarelli, Ale e Franz, Carlo Oliva... Non farmi fare figuracce, gli ho detto all’inizio. Ma la cosa mi intrigava. Ho iniziato da lì, da “Delitti e canzoni”».
L’ultima fatica di Bezzon è “Legami di sangue”, in ristampa: «Ovviamente la cosa mi fa piacere. È il mio quinto romanzo, sto scrivendo il sesto. Mi piace l’idea di fare parte della schiera di giallisti che può vantare la provincia di Varese. Penso a Laura Veroni, Anna Allocca, Sergio Cova, Tiziana Viganò, Sara Magnoli… ». Che dire dell’ultimo romanzo, senza spoiler? «Tornano le indagini di Giorgia del Rio, psicologa e detective, e di Doriana Messina, capitano dei Carabinieri. Anche sulla scorta di esperienze personali maturate a Torino. Esiste un vero e proprio fenomeno: il prelievo di minori dalle loro famiglie, in Albania. Vengono portati in Italia e abbandonati. Mi interessava raccontare temi complessi con un’ispirazione che non fosse “di pancia”. Che badasse alle persone».
Teatro della vicenda sono location amate da Bezzon: Valsolda, Milano, Torino. «Mi piace raccontare i luoghi, mi piace divertire per qualche ora facendoli diventare parte della storia, non semplice sfondo. Più di una volta è capitato che qualche lettore mi dicesse di volere visitare i posti in cui ho ambientato i miei romanzi. È una soddisfazione. Spesso si tratta dei luoghi che, per lavoro, attraversavo in bicicletta. Quando non me la rubavano, la bicicletta: non me ne hanno fatte fuori quante a don Alberto (Dell’Orto, anima del Teatro delle Arti di Gallarate e probabilmente recordman mondiale di furti subiti, ndr) ma ne ho perse diverse».
A proposito di luoghi, quali i preferiti? «Me ne piacciono troppi, per elencarli. Mi limito a un paio di esempi torinesi, di quelli che non sono super noti o frequentati: il lungo Po e il palazzo con il piercing (in piazzetta Corpus Domini, ndr). Solleticano la fantasia. In 30 anni di lavoro, ho conosciuto molte storie. E molti posti».
Dove ambientare un giallo a Varese? «Facile, “I delitti della città in un giardino” raccoglie miei racconti. Ci sono isolino Virginia, Giardini Estensi, piazzetta della Motta, Villa Andrea, Sant'Ambrogio e il Campo dei Fiori…». E a Milano? Gallarate? « “Il delitto di via Filodrammatici” è un romanzo milanese: Teatro alla Scala, periodo post Expo… Ma c’è anche Gallarate, con una lettera intercorsa fra Arrigo e Camillo Boito, custodita in un archivio comunale. Dovessi scegliere, oggi, un luogo gallaratese in cui ambientare una storia, forse opterei per il castello di Crenna».
E a Samarate? Bezzon ha ricoperto posizioni importanti anche in città capoluogo di regione ma risiede in un comune con circa 16mila abitanti: «Villa Montevecchio è suggestiva. Ma forse sarebbe una scelta un po’ scontata. Probabilmente opterei per le propaggini del Parco del Ticino. O per l’industria aeronautica, sede Agusta. Una spy story ci starebbe».
To be continued…