Quando si sa dove andare, ciò che è giusto, non si esita a farlo. C'è una scena che lo racconta con precisione emozionante a Meda oggi.
Finalmente - per una volta i minuti di recupero potevano essere mandati in soffitta con buona pace di tutti - termina Renate-Pro Patria: 4-1. Per l'intera partita, senza mai traccia di esitazione, gli ultras hanno cantato e incitato a squarciagola i tigrotti. Ecco perché questi ultimi, dopo il fischio finale, non tornano con la testa bassa negli spogliatoi. No, hanno un dovere da compiere ed eseguono.
Sotto una pioggia invadente, vanno verso la curva e applaudono i loro tifosi: sanno che devono dirigersi lì. È una scena semplice e autentica, di consapevolezza non gridata ma percepita e restituita. Gli ultras hanno fatto ciò che era giusto, così i giocatori.
Una consapevolezza che invece è mancata sul campo, non tanto oggi, quanto in altre occasioni. Come ha detto il direttore sportivo Sandro Turotti, i campanelli d'allarme c'erano. Abbiamo comprensibilmente seguito i progressi della squadra e contato con diligenza i risultati positivi fino alla sconfitta casalinga di settimana scorsa.
Ma era un conto impreciso. Se la classifica cresceva, senza eccessi ma con costanza, i campanelli d'allarme ugualmente risuonavano. Va ribadito, più della caduta contro l'Us Fiorenzuola, ci è seccato tanto quel pareggio all'ultimo istante in casa della Giana. Stessa musica contro la Pro Sesto, pur nella differenza di contesto e avversarie. Quel perdersi all'ultimo minuto è un difetto preoccupante, che abbiamo sottovalutato, nei fatti.
Poi, se dobbiamo dirla - o meglio ripeterla - tutta, quello che non ci è mai andato giù è l'insuccesso pesante a Lecco. Non perché abbiamo perso 0-3, ma perché in quell'occasione, a nostro parere, si è sottovalutato il significato di quella caduta: si è incassato un gol all'inizio, bruciante, senza aver mai impostato una efficace reazione.
No, non è la sconfitta di oggi che conta e lasciamo fuori questioni come l'arbitraggio o la delicata situazione societaria per il passaggio di consegne annunciato per l'incompatibilità della presidente Patrizia Testa con la nuova carica di consigliera comunale. Oggi possiamo dire poco ai ragazzi, che hanno dimostrato più spirito di lotta che non a Lecco, ad esempio.
Conta che troppo spesso i tigrotti diano l'impressione di non sapere dove andare e che quindi quella consapevolezza citata nelle conferenze stampa, per lo più registrate, da mister Prina e a volte anche da noi sia ancora troppo labile.
Ci sono diverse cose che ha affermato oggi il direttore sportivo Sandro Turotti su cui meditare. Certo, che ci si deve mettere tutti in discussione: ciascuno di noi lo deve fare. Che bisogna guardarsi negli occhi. Che occorre metterci la faccia, come lui. Turotti prima di tutto è venuto in sala stampa. E l'ha fatto non per dirci tante parole, bensì quelle che servono. Non a usare espressioni che colpiscano l'immaginario collettivo, ma a dipingere la realtà. Con pochi colori, anche con toni di grigio come il tempo oggi a Meda se necessario.
Ma è la realtà: l'unica su cui si può lavorare. Turotti dice anche che non è finito il tempo. Noi vorremmo aggiungere che sì, uno è finito, proprio ispirandoci a lui: quello delle parole. Adesso le cose devono cambiare, sul campo. I tigrotti devono sapere dove andare, anche durante la partita, e lo devono dimostrare.
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