Storie - 10 settembre 2021, 07:00

Dalle strade del mondo alla "Casa del Caffè" di Malnate: il viaggio di Paolo Pirozzi, il ducatista più veloce del mondo

Tra una tappa della "Paolo Pirozzi Week" e la preparazione dei prossimi viaggi, il motociclista di Napoli ci racconta le sue avventure: dai viaggi intorno al globo a quelli più locali, da quando è salito a bordo della sua prima Ducati a oggi. Prima di ripartire lungo le strade del mondo

Argentina, Las Vegas, Tokyo, Siberia… fino al bar Casa del Caffè di Malnate. È qui che abbiamo incontrato Paolo Pirozzi, classe 1980, il ducatista più veloce del mondo. E non è un modo di dire.

Napoletano di nascita, cittadino del mondo per scelta, il 41enne è passato da Varese pochi giorni fa, durante il Paolo Pirozzi Week, tour che lo sta portando ad attraversare l’Italia da Sud a Nord; certo, una “passeggiata” rispetto ai viaggi in giro per il mondo del 2010 e, ancora di più, del 2015.

Da dove è nata questa passione, questa spinta a intraprendere sempre nuove, folli avventure?

Il colpo di fulmine

«Quando ero piccolo, a nessuno, in casa, piacevano le moto. Io sono di Napoli e quella era l’epoca di Maradona, lo sport più praticato il calcio, ero quasi uno “straniero”. Un giorno, questo è un ricordo preciso, avevo 8 anni, stavo andando a scuola, ho visto una Ducati posteggiata e da lì è stato amore». È bastato un momento, quindi, al Paolo bambino, per far sì che la moto, anzi, quella moto, gli entrasse nel cuore e nel DNA.

Un colpo di fulmine a tutti gli effetti, perché da quell’istante ha deciso che avrebbe guidato sempre e solo Ducati e tutti gli sforzi, i lavori che ha fatto da ragazzo, dal lavapiatti all’imbianchino, dal muratore al fioraio avevano un obiettivo preciso: guadagnare abbastanza per comprare il suo primo mezzo a due ruote. Sogno che ha realizzato a 18 anni, «non avevo neanche il patentino, a suo tempo si prendeva a 21 anni», quando è riuscito, con orgoglio, a ritirare la sua Ducati Monster 600, tutta nera.

«Quel giorno, è stato molto divertente: appena presa, da Napoli, senza avere niente con me, ho iniziato a viaggiare, fino a quando mi sono reso conto che erano trascorse sei ore ed ero arrivato in Sicilia! Così ho fatto colazione e, tornando indietro, sono passato direttamente dal concessionario per fare il tagliando dei 1000 chilometri… Dopo solo 16 ore dal ritiro!».

Un esordio simbolico, quindi, di una strada che Paolo era già destinato a percorrere.

Che l’avventura cominci!

Nel 2010, la prima, grande avventura: un viaggio intorno al mondo «di circa 100 mila chilometri, ho toccato in 9 mesi e mezzo tutti i continenti. Ho avuto l’opportunità di vivere molte emozioni, ho dormito 221 notti in tenda, ho vissuto esperienze forti, indimenticabili. È stata una bella sfida per me, avevo un programma di viaggio organizzato, dovendo partecipare a diverse ospitate ed eventi dovevo fare per forza una scaletta, anche dover arrivare per tempo a 80 eventi nel mondo è stato divertente – oltretutto, sono una persona puntuale, se arrivo in ritardo ci rimango male!».

Tutto questo, a bordo di una Ducati Multistrada 1200, una moto da turismo, dalla seduta più rilassante - «per quanto, con medie altissime di chilometri, la moto comoda non esiste!», scherza - ma, aspetto da non sottovalutare, anche un modello preserie, non ancora in produzione e in consegna alle concessionarie.

Infatti, «qualsiasi accessorio, anche gli attrezzi, non c’era ancora, ho organizzato io strada facendo i cambi gomma, anche per prevenire il bisogno in Stati in cui non sarebbe stato possibile farlo, e i tagliandi, partendo con un programma dettagliato sapevo in linea di massima il chilometraggio che avrei fatto, l’abbiamo gestita bene. Mi stavo prendendo una bella responsabilità a partire con una preserie, ma la mia fiducia in Ducati è enorme».

La stessa organizzazione è stata fondamentale cinque anni dopo, nel 2015, quando Paolo è ripartito per un nuovo giro del mondo, questa volta con uno scopo preciso: battere il record di 70 mila chilometri in due, «io ho preferito allungarlo di 30 mila, farlo da solo e concluderlo in… 13 giorni, 8 ore e 14 minuti». Adesso è chiaro perché è conosciuto come “l’uomo più veloce del mondo”, vero?

Un viaggio di sicuro impegnativo sotto ogni aspetto, «la media di guida era di 24 ore, per 1800, 2200 chilometri al giorno, con una Ducati fatta apposta per me, che richiamava un modello degli anni 60, scomodissima, con una sella in neoprene, molto particolare, era quasi una moto da corsa. Avevo circa un minuto e mezzo, due per fare benzina, mangiare e andare in bagno, i lavaggi erano veloci, appena trovavo un lago o un fiume mi tuffavo. Dormivo un’ora, 40 minuti al giorno, con un braccio nel cerchione posteriore della moto, a volte non mi toglievo neanche il casco, faceva troppo freddo» e lui indossava solo la tuta, senza altro tipo di abbigliamento che non fosse riuscito a infilare in uno zainetto grande quanto uno scolastico.

Si è concesso un riposo più lungo solo in aereo, sul volo che da Vladivostok lo avrebbe portato in America, «è stata la mia prima dormita dopo la partenza da casa, ho riposato circa un paio d’ore».

Se, per Paolo, tante sono state le avventure, altrettante sono state le disavventure, «ce ne sarebbero per un libro», scherza: «In Afghanistan e in Pakistan era un periodo difficile, io ci sono passato perché in Tibet e in altre nazioni mi avevano negato l’ingresso con la moto, quindi o andavo in aereo dalla Cina oppure passavo da lì – anche perché l’idea di saltare un pezzo di continente mi dava fastidio, la vedevo come una sconfitta. In Perù, hanno tentato di derubarmi mentre stavo dormendo in tenda, a Panama sono rimasto nove giorni senza acqua e cibo, in Siberia ho visto il termometro scendere a -30 gradi… Fortunatamente, è sempre andato tutto bene».

Quello che è certo è che solo questi viaggi hanno permesso al motociclista di diventare un vero e proprio cittadino del mondo, soprattutto se non si ricorre al navigatore: «Sono partito con la mappa del mondo, poi in ogni nazione ho comprato la cartina specifica, però tutto ciò mi ha dato l’opportunità di perdermi e di vedere posti meravigliosi in cui non saprei più ritornare, per trovare una soluzione ti confronti con la gente locale, diventi parte integrante di ogni nazione in cui passi, è questo il vero souvenir del viaggio, ho dei ricordi che hanno un valore inestimabile».

Ogni luogo visitato gli ha lasciato qualcosa anche se, ammette: «Un posto in cui mi sento davvero a casa è l’Argentina, mentalmente sono come noi del Sud, in più hanno panorami meravigliosi, la gente è calorosa, mi sono sentito molto coccolato. Oltre, naturalmente, a Las Vegas, in cui sono cittadino onorario, l’8 novembre è stato persino istituito il Paolo Pirozzi Day!».

Come affrontare un viaggio intorno al mondo… e il ritorno

Prepararsi per avventure così impegnative non è facile, non è sufficiente trascorrere tanto tempo in moto. Per Paolo, infatti, anche l’allenamento fisico rappresenta una parte importante della sua giornata, «mi alleno anche tutti i giorni, per circa tre ore, tra nuoto, corpo libero, palestra, serve forza. E poi, c’è l’alimentazione, non seguo una dieta particolare, sono affiancato da un nutrizionista ma non prendo proteine artificiali o mix di integratori, semplicemente mangio nel modo giusto, evito le “schifezze” perché so che non mi portano a nulla, se non a prendere un secondo quando guido o a rendere l’allenamento è più pesante».

Oltre a questo, è importante mantenere una grande lucidità mentale, sia durante il viaggio – «è vietato sbagliare, quando sei in dogana e c’è un soldato che ti ferma tu devi essere sempre presente, loro sono in maggioranza e non aspettano altro che una tua reazione» – sia al rientro a casa – «devi stare molto attento a recuperarti da solo, nessuno è in grado di capire quello che hai vissuto, è quando torni che cala l’adrenalina, sia fisica che mentale. Se per tredici giorni hai vissuto emozioni e velocità e poi dici al corpo “fermati!” non si blocca subito, ci vuole tempo, non puoi pretendere che la gente ti capisca e solo tu sai cosa ti fa stare bene».

Anche il “dopo” quindi, fa parte dell’avventura, anzi, forse ne è la parte più importante, «mi ricordo ancora quando, dopo un anno in tenda, una mattina a casa ho acceso la moka per farmi un caffè. In quel momento, pensando al fuoco fuori dalla tenda, mi sono messo a piangere. È vero, potrei portarmi dietro alcuni confort ma mi perderei quelle emozioni che ritrovo quando torno a casa».

Le prossime avventure

In questi giorni, Paolo sta attraversando l’Italia per la Paolo Pirozzi Week: «Sono partito da Napoli venerdì mattina, ero a Trapani venerdì alle 21, a Bologna sabato a mezzogiorno, questo è stato già un mini record, in 28 ore ho percorso 2.500 chilometri. Poi, Predosa, Torino e, per finire, Udine e Trieste, magari una tappa a Ferrara prima di tornare verso Napoli. L’obiettivo è compiere 5.000 km in sei giorni, ma credo che ne farò di più, saranno quasi 6.600».

Nella mente del ducatista si affollano già alcune idee per altri viaggi, «ma non sappiamo come saranno i prossimi mesi, è un punto interrogativo, non possiamo organizzare, ogni Stato è a sé, se tu stai facendo un record non puoi rischiare una quarantena, aspettiamo almeno fino a dicembre, gennaio». Certo, non gli dispiacerebbe raggiungere a breve un nuovo record: percorrere altri 80 mila chilometri e totalizzarne tanti quanto quelli del viaggio di andata e ritorno dalla Luna – «farei anche quello, ma la strada è tutta dritta, mi annoierei!», ride.

 

In questi vent’anni, quindi, Paolo ha vissuto emozioni, sensazioni, paure, anche, diverse, inspiegabili, e sempre da solo, «io sto bene con stesso, le mie Ducati per me hanno un’anima, do loro un nome. Certo, in molti casi non c’è nessuno con cui condividere quello che stai vivendo, che siano sconfitte o vittorie… ma, alla fine del viaggio, quando torni, trovi casa tua, il podio più bello». 

Se, come noi, volete continuare a seguire le folli avventure del ducatista più veloce del mondo, potete seguirlo sui suoi canali Facebook Paolo Pirozzi e Instagram @PaoloPirozzi25.

 

 

Giulia Nicora