/ Busto Arsizio

Busto Arsizio | 08 marzo 2021, 17:30

Francesco Messori alle Cuffie colorate: «Il calcio amputati si pone grandi obiettivi»

Interessante incontro tra il fondatore di questa disciplina e i giovani del territorio: «Abbiamo belle aspettative e speriamo di vivere belle emozioni»

Francesco Messori alle Cuffie colorate: «Il calcio amputati si pone grandi obiettivi»

Continua la serie di incontri, via Youtube e Facebook delle Cuffie colorate, associazione impegnata per i ragazzi con disabilità attraverso le attività ludico-sportive a Busto Arsizio (LEGGI QUI).

Al loro incontro domenica 7 marzo ha partecipato Francesco Messori, raccontando la sua storia che l’ha portato a fondare il calcio paralimpico in Italia.

«Sono nato senza la gamba destra, però questa cosa non mi ha fermato - ha spiegato -  Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 7 anni, in porta, con la protesi. Che però poi ho abbandonato, perché invece di aiutarmi a camminare e vivere meglio la mia vita, me la peggiorava e basta perché ero costretto a legarmela al busto. L’ho abbandonata verso i 10 anni e ho iniziato ad usare le stampelle, che tutt’ora sono la mia seconda gamba. Ho continuato a giocare con i normodotati ma non potevo partecipare alle gare ufficiali con le stampelle (considerate oggetto pericoloso)».

Prima il Csi: «L’ex presidente del Centro Sportivo Italiano, Massimo Achini, venuto a conoscenza della mia esperienza, ha preso a cuore la mia storia sportiva e ha deciso di cambiare totalmente le regole e mi ha tesserato, dandomi la possibilità di iniziare a poter giocare nelle partite ufficiali. Nel mio piccolo mi aveva dato una certa visibilità per quello che volevo fare, il mio sogno era proprio quello di confrontarmi sul campo insieme a ragazzi che avessero il mio stesso problema».

Poi Facebook: «Con i miei genitori, soprattutto mia mamma, abbiamo deciso di aprire un gruppo su Facebook e siamo riusciti a cercare altri ragazzi amputati in giro per l’Italia per fare una squadra».

«Tramite il gruppo, hanno iniziato a contattarmi diversi ragazzi amputati provenienti da diversi paesi d’Italia, con la mia stessa passione per il calcio- spiega - Arrivati più o meno alla decina di ragazzi, il Csi quando ha capito che poteva nascere qualcosa di concreto ha deciso di prendere in mano la situazione e di ufficializzare la squadra, dando vita alla Nazionale italiana di Calcio Amputati nel 2012, della quale io sono diventato capitano e fondatore».

E ancora: «Dopo qualche anno siamo passati sotto alla Federazione Italiana Sport Paraolimpici e Sperimentali, che sta al di sotto del comitato paralimpico. Con loro abbiamo disputato l’ultimo mondiale del 2018, gli europei del 2017 e abbiamo vissuto tante emozioni come nazionali e speriamo di poter raggiungere grandi obiettivi perché comunque bisogna dire che il calcio amputati non è una disciplina semplice e soprattutto ci sono paesi che rispetto all’Italia sono molto più evoluti. Io spero che il calcio amputati possa svilupparsi ancora di più in Italia e nel mondo e che entri a far parte delle discipline paralimpiche».

Uno dei ragazzi gli ha chiesto: «Tra i ragazzi che hanno accolto il tuo appello c’è anche Stefano Starvaggi, che parlava di te e di questo movimento con un entusiasmo pazzesco. Un ricordo di lui?».

Francesco ha risposto: «Lui era secondo me il più forte del movimento calcio amputati in Italia e non solo. Ci fa sempre piacere ricordarlo per quello che era, per quello che ci ha insegnato e per quanto ha saputo lottare fino alla fine».

Che dire del possibile ingresso nella Figc? «Tra quest’anno e il prossimo dovrebbe esserci questo passaggio - afferma ancora - e comunque secondo me il nostro movimento merita, nel senso che il calcio amputati è giusto che venga considerato come il calcio normale. E spero che la Figc possa portarci ancora più in alto e che ci dia modo di crescere sempre di più a livello sportivo. Abbiamo belle aspettative e speriamo di vivere belle emozioni».

Messori ha raccontato della scuola calcio Fispes, che comprende tutti i bambini avvicinatisi a questa grande realtà «Sono contento perché, come ai grandi ha cambiato la vita dopo l’amputazione, succede la stessa cosa per i bambini. Anzi, penso che per loro sia ancora più bello poter vivere una cosa del genere. Spero che anche questo movimento possa crescere e che sempre più bambini possano avvicinarsi a questa realtà».

Poi, collegandosi a questo ha parlato del suo libro “Mi chiamano Messi”: «Parte del ricavato va appunto alla scuola calcio dei bambini amputati, quindi se volete approfondire la mia vita vi ringrazio»· 

Michela Scandroglio

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A LUGLIO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore