Alessio Dionisi è un allenatore emergente che sta guidando con grande successo la rivelazione Empoli, prima in classifica in serie B dopo 7 giornate con 16 punti. Nato il primo aprile del 1980 in un paesino della bellissima provincia senese, Dionisi ha iniziato presto a tirare calci al pallone nella piazza del paese dove è cresciuto, Piancastagnaio, dove già il nome richiama la bellezza, la calma e la tranquillità dei luoghi rurali di una regione affascinante.
Alessio è nato nella costellazione dell’Ariete, un segno che è stampato nel suo carattere, dove le prerogative sono il non mollare mai, il mettersi sempre in discussione - anzitutto con se stesso, avere i piedi per terra. Dalla vita rurale toscana ha ereditato il costruire senza fretta, mettere sempre in cascina i risultati ottenuti, saper ripartire anche dopo una sconfitta senza abbattersi.
Mister Dionisi, come si trova ad Empoli? Si sente pressione addosso?
Ad Empoli mi trovo molto bene. Siamo una squadra giovane, che ha voglia di mettersi in evidenza. Abbiamo fatto un buon inizio di campionato ma non dobbiamo montarci la testa perché la stagione è lunga ed è presto per esprimere giudizi. Sicuramente un allenatore, ovunque vada, sente la pressione addosso, perché deve saper decidere e purtroppo non sempre si riesce a prendere la decisione giusta. Ma fa parte del gioco del calcio, così come della vita: l'importante è decidere secondo la propria coscienza. Poi allenare nella tua regione fa salire ulteriore adrenalina... Devo ringraziare il mio staff e la società per il lavoro e per quanto mi hanno messo a disposizione.
Ci racconta la sua carriera da calciatore e da allenatore?
Ho giocato a Voghera, a Varese per due anni, poi Ivrea, Tritium, Sambonifacese e Olginatese, dove ho iniziato a fare l’allenatore. Onestamente allenare i propri compagni di squadra non è facile e a ripensarci oggi mi rendo conto di come fossi a digiuno di esperienza in quel ruolo: ho fatto diversi sbagli. Poi sono ripartito allenando il Borgosesia e da lì ho iniziato davvero la gavetta. Sono andato al Fiorenzuola e all'Imolese, infine un'esperienza bellissima a Venezia ed ora eccomi qui a Empoli, dove sono uno stacanovista: inizio al campo alle 8.30 e finisco alle sera verso le 21. Fare l’allenatore non è solo mettere la squadra in campo, ma è anche studiare gli avversari, confrontarsi con lo staff, avere un rapporto stretto con il medico, parlare a lungo con i ragazzi, fare gruppo, prestare attenzione ai magnifici tifosi che seguono gli allenamenti.
Con Varese è rimasto un legame speciale?
Sì, certo. A Varese è nata mia figlia e a Varese c'è la mia fidanzata Maila, che vive a Samarate: ci sposeremo a giugno, dovevamo farlo prima ma abbiamo rinviato per il Covid. A Casciago abitano i miei nonni adottivi Adriano e Teresa, che sento tutti i giorni. Poi ho tanti amici, ma non farmi fare la lista dei nomi che va a finire che qualcuno me lo dimentico. Però approfitto dell'occasione per salutarli, tutti le persone lì, con me, hanno dimostrato di avere il cuore in mano.
È ancora in contatto con qualche calciatore che ha giocato con lei a Varese?
Eros Pisano che gioca nel Pisa. Cozzi è il mio vice, Bortolotti sarà il mio testimone di nozze... Sento qualche volta Lepore e ad Empoli ho ritrovato anche Fiamozzi e Moreo.
Segue il ancora il Varese?
Cerco di seguire i risultati, solo che con questi rinvii vedo un campionato anomalo. Mi auguro vivamente che la città di Varese possa tornare ad avere un futuro roseo nel calcio, perché è una grande piazza con una straordinaria storia: al Franco Ossola hanno giocato tanti campioni.
Segue il calcio femminile? Empoli ha una sua ottima squadra...
La Toscana in generale è ricca di scuole calcio femminili e di club. In serie A, per esempio, oltre all'Empoli, ci sono anche la Fiorentina e la Florentia San Gimignano. È bello veder giocare queste squadre, c’è molto agonismo. Anche il "grande" pubblico iniziava a seguirle, partendo dalla Nazionale per esempio, poi questa tremenda bestia del Covid ha forse penalizzato un po' la visibilità del movimento.
Hai dei ricordi speciali di Varese fuori dal campo?
Uno in particolare, che mi auguro si possa rifare in tempi migliori, sono le serate gastronomiche organizzate dal grande Silvio "Papo" Papini: lì ho trovato amici e assaggiato specialità della cucina lombarda. Esperienze da ripetere, serate magiche. Ora vado, un saluto a tutti i varesini e ai colleghi della redazione di VareseNoi.