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Meteo e ambiente | 04 settembre 2024, 08:00

Valisa, il custode del tempo varesino: «Le previsioni non sono sensazionalismo, ma in dieci anni il clima è cambiato. Ci manca Furia, un uomo immenso»

Il direttore del Centro Geofisico Prealpino, da 22 anni colonna del meteo in città, ci racconta il suo lavoro e le sue passioni: «Il tempo è mutato, e lo vediamo anche qui da noi. Ma molti non vogliono accettare la realtà, che è quella di un clima diverso anche solo di quello di dieci anni fa. Per fortuna, e lo dico quando incontro i ragazzi delle scuole, abbiamo ancora la possibilità di invertire la rotta. Spero nei giovani, a loro dobbiamo fornire speranze. I miei interessi nel tempo libero? L'astronomia, le escursioni e il canottaggio»

Paolo Valisa, direttore del Centro Geofisico Prealpino

Paolo Valisa, direttore del Centro Geofisico Prealpino

Camminare nel parco pubblico di villa Baragiola ammirando castagni secolari, frassini, tigli e ippocastani, pini neri e abeti rossi, e ascoltando il richiamo della gazza e delle cince e la “risata” del picchio verde, fa venire in mente la fortuna che abbiamo noi varesini di poter godere di simili bellezze incistate nella città, a due passi da piazza Monte Grappa. Nello chalet interamente in legno, conosciuto come “la dacia”, in passato dimora estiva della famiglia dell’ingegner Giacomo Tedeschi, dal 2020 il Centro Geofisico Prealpino studia ogni giorno il nostro territorio, inviando puntualmente alle 8 di ogni giorno il bollettino meteorologico e monitorando ogni aspetto del clima, la temperatura, l’umidità, il tipo di precipitazioni, la forza del vento e l’evaporazione dell’acqua. 

La dacia fu costruita negli anni Trenta da Tedeschi, che aveva acquistato la villa dai Baragiola De Bustelli, e nel 1941, passata di mano la proprietà, diventò la residenza del rettore del Seminario arcivescovile di Varese, fino al 1991. Una volta ristrutturata, dopo un lungo periodo di abbandono, accoglie anche la sede della Protezione civile, unendo idealmente le creature di due amici, il professor Salvatore Furia e l’onorevole Giuseppe Zamberletti.

A riceverci, nei locali che ancora conservano le antiche boiserie, è Paolo Valisa, direttore del Centro Geofisico Prealpino, studioso appassionato e divulgatore scientifico, una laurea in fisica alla Statale di Milano, un dottorato ottenuto a Reims e un passato come esperto di strumentazioni scientifiche. Paolo ha lavorato da giovane - è arrivato al CGP nel 2002 - a stretto contatto con Furia, nella storica sede del centro, in via Beato Angelico, e da 22 anni ne è la colonna, dividendosi tra Masnago e l’Osservatorio astronomico di Campo dei Fiori, dove alimenta la sua passione più grande, quella per lo studio delle stelle doppie interagenti. 

Fare il trasloco di apparecchiature così sofisticate non deve essere stata una passeggiata…
Sì, veniva meno la continuità del rilevamento della temperatura, anche se lo spostamento non è stato di molti chilometri. Possiamo dire di avere qui 2 o 3 decimi di grado in meno di media rispetto alla prima sede.

Quante persone lavorano alla dacia?
Siamo in tre, più due all’Osservatorio astronomico, senza contare poi qualche decina di volontari che si occupano di ricevere le scolaresche e di divulgazione. Anche se non c’è più la voce del prof. Furia che invitava ad avere “pensieri positivi”, io e i due colleghi ci alterniamo al bollettino meteo che inviamo alla Rai da trasmettere al “Gazzettino padano”.

Valisa, una domanda capitale: perché non arriva più l’anticiclone delle Azzorre?
Il cambiamento climatico ha fatto sì che la temperatura al Polo sia aumentata di 5 gradi e all’Equatore di solo mezzo grado. In questo modo la corrente a getto che divide il vortice polare dalla fascia equatoriale non è più diretta e “dritta” come un tempo, ma ondulante, e devia più nella direzione nord/sud che in quella est/ovest che eravamo abituati ad avere. All’aumento delle temperature corrisponde poi l’innalzamento verso nord dell’alta pressione di matrice africana, che ormai predomina rispetto a quella atlantica. Però quest’estate qualche giorno azzorriano lo abbiamo avuto.

Oggi le previsioni meteorologiche sono diventate quasi uno show mediatico, un altro mondo rispetto al rigore in bianco e nero del colonnello dell’aeronautica Edmondo Bernacca.
Prima di internet nessun amatore poteva mettersi a prevedere il tempo, occorrevano apparecchiature costose e sofisticate e i dati non erano accessibili. Ora invece chiunque può accedervi e azzardare previsioni, i dilettanti hanno la stessa visibilità nei social dei professionisti. Anche noi del CGP siamo stati schiacciati da organismi regionali più ricchi e strutturati, da quando le province sono state depotenziate. Il Canton Ticino, per esempio, ha l’osservatorio di Locarno Monti con 7 meteorologi e 30 persone che vi lavorano, e la nostra provincia, che è più ricca e popolosa, non ha una struttura simile. Noi resistiamo, siamo ancora gli unici qui a fornire questi servizi.

Cosa pensa di siti come ilMeteo o 3BMeteo?
Hanno preso lo spazio che un tempo era dell’aeronautica, poco interessata a proseguire nella divulgazione spicciola. Così sono nati questi siti commerciali, che spesso danno notizie in modo sensazionalistico, con titoli roboanti, per aumentare la visibilità e godere di più entrate pubblicitarie. Del resto tutti ci serviamo dei dati forniti dai modelli di calcolo europeo e americano, dipende poi da come si divulgano le informazioni.

Come è cambiato il clima di Varese?
Direi della regione alpina. Dagli anni ’70 a oggi c’è stato un aumento di 2,5 gradi, da aprile ad agosto di 3, e giugno dà fino a 4 gradi in più. Questo era un mese che eravamo abituati a considerare primaverile e anche un po’ piovoso, adesso ce lo aspettiamo già bollente. La temperatura media della terza settimana di agosto si attestava sui 26 gradi, quest’anno è oltre i 30. In inverno c’è 1 grado e mezzo in più, i giorni di gelo sono passati da 45 a 25 di media, quelli a zero gradi sono venti in meno. Nel 2050 la gelata, se avverrà, sarà un’eccezione. Fino agli anni ’80 al Campo dei Fiori la media neve era di 3-4 metri, poi è scesa a due metri, oggi si attesta sul metro e 20 centimetri. In città ormai non nevica più.

Avete notato segni evidenti del mutamento climatico dalle nostre parti?
Un esempio è quello del sentiero che conduce al Forte di Orino. La zona è stata prima colpita dall’incendio e poi dalla tempesta Alex, ma già il riscaldamento aveva incominciato a fare danni. Oggi il percorso per il Forte è quasi interamente al sole, prima era ombreggiato da abeti e faggi, d’inverno nevicava parecchio e la neve rimaneva fino in primavera, oggi tutto ciò non accade più. E poi le mimose, da noi non fiorivano mai per l’8 marzo, adesso sono pronte all’inizio di febbraio. Anche il lago di Varese non gela più, l’ultimo ghiaccio è del 2012.

L’anticiclone africano, padrone ormai delle nostre estati, sembra Armand Duplantis, primatista mondiale del salto con l’asta, che ha migliorato sé stesso per dieci volte. Così fa il caldo, un record dopo l’altro…
La settimana più calda di agosto di quest’anno, statisticamente è solo al quindicesimo posto, ma quello che colpisce di questa estate è la continuità del caldo. Abbiamo avuto 23 giorni sopra i 30 gradi in agosto, 16 a luglio e uno a giugno, 40 giorni bollenti quando negli anni ’70 si contavano sulle dita di una mano. Lo zero termico si assesta a 5mila metri e alle porte di settembre non scende ancora sotto i 4mila. Monitoro i ghiacciai dal 1992, la situazione è drammatica, ci sono state perdite spaventose, ma non c’è da meravigliarsi, oggi si arriva a 3mila metri in pantaloncini e maglietta. La Pianura Padana prende l’acqua da questi grandi serbatoi, se il ghiaccio sparisce e gli inverni sono siccitosi, i fiumi, senza la neve di fusione, diventano torrenti. Poi colpisce la grande variabilità tra un anno e l’altro, tra un mese e l’altro. Quest’anno dopo una primavera e inizio estate piovosissimi abbiamo un caldo insopportabile, il 2014 era stato l’anno più piovoso di sempre e il 2022 il più secco, e in entrambi non sono mancati eventi estremi. Pochi giorni fa a Gavirate sono caduti 124 millimetri di pioggia, di cui 101 in una sola ora, e il record a Varese era di 69!

Eppure sul cambiamento climatico ci sono molti negazionisti, e nei giorni scorsi la tv di Stato ha censurato alcune battute del fisico del Cnr Antonello Pasini che aveva associato la persistenza dell’anticiclone africano al clima impazzito.
Purtroppo sì, ci sono molti scettici, che a volte si fidano di informazioni parziali, c’è una sorta di resistenza ad accettare la realtà, che è quella di un clima completamente diverso da quello anche solo di dieci anni fa. Per fortuna, e questo lo dico quando incontro i ragazzi delle scuole, abbiamo ancora la possibilità di invertire la rotta, possediamo le tecnologie adatte e studi accuratissimi. Il clima è un malato molto attenzionato. Con i giovani non bisogna essere allarmisti ma fornire speranze.

Che ricordo ha di Salvatore Furia, che nel 2024 compirebbe cent’anni?
Un uomo straordinario, di immensa cultura, capace di dividersi in mille attività, e lottare su più fronti, assieme alle associazioni ambientaliste. Ha attivato il servizio sismico, coordinato i soccorsi dopo il terremoto in Irpinia, si è battuto con il Wwf contro la grande Malpensa, ha promosso un servizio meteo regionale dopo la disastrosa alluvione in Valtellina. Manca molto a tutti noi.

Che passioni coltiva Paolo Valisa quando se ne va dalla dacia?
L’astronomia è la passione principale, con Luca Buzzi faccio ricerche all’osservatorio. Lui si occupa di monitorare gli asteroidi, io delle stelle doppie interagenti che si scambiano la massa. In gioventù arrampicavo in montagna, ora sono un escursionista, poi faccio canottaggio sul lago.

Lei ha quattro figli, due ingegneri, Giulio e Lucia, un cuoco, Carlo, e una interprete, Beatrice. La seguono ogni tanto nelle sue ricerche?
I due ingegneri sì, ogni tanto mi seguono nel monitoraggio dei ghiacciai.

Come vede la Varese di oggi?
Per fortuna ha risparmiato qualche polmone verde, ma il consumo di suolo purtroppo procede, anche se è un po’ rallentato. Il verde urbano è fondamentale, si pensi che l’evaporazione di un solo grammo di acqua dalle foglie di un albero diminuisce di 2,5 gradi la temperatura di un metro cubo d’aria, mitigando così l’isola di calore tipica delle città.

Mario Chiodetti

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